sabato 24 aprile 2010

E a fine maggio, una risata vi seppellirà

Forse mai, nella storia politica di questa città, abbiamo avuto consiglio comunale così disastroso. E' vero che dopo la riforma elettorale a livello locale datata 1993, il sindaco votato direttamente dai cittadini ha acquisito un potere personale e discrezionale che lo ha sottratto alla morsa dei partiti presenti nel civico consesso, riducendo il consiglio comunale ad un organo di vigilanza, indirizzo e controllo politico-amministrativo, nonché ad un'arena di dibattito politico. Ma dopo la «stagione dei sindaci» ci si attendeva un ritorno dei partiti al rango di protagonisti, capaci di influire, non dico determinare, le scelte amministrative del primo cittadino. Invece, è subentrata la «stagione dei commissari ad acta» e non solo dalle nostre parti. Perche? Perché i partiti hanno fallito proprio laddove non potevano permetterselo: vale a dire, la selezione delle candidature. Da noi, Crocetta ha governato infischiandosene di una maggioranza che non ha mai avuto in città: sia quando non aveva i numeri in consiglio (prima legislatura) sia quando ce li aveva (seconda legislatura). La legge, visto che si parla tanto di legalità, glielo consentiva. Ma se le responsabilità dell'ex sindaco, sul piano amministrativo, sono sotto gli occhi di tutti, quelle dei consiglieri comunali, presunti “vigilantes” per conto dei cittadini, non possono essere sottaciute. Al riguardo, ne approfitto per chiarire un punto una volta per tutte: come il sindaco, anche i consiglieri comunali sono eletti dai cittadini ed al pari del sindaco, non a caso, la legge li qualifica come «amministratori locali». In tale veste, devono osservare il rispetto dei principi costituzionali di «buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione» nell'esercizio delle loro funzioni. I consiglieri comunali, in definitiva, non sono “conigli usciti dal cilindro”, non sono nominati o cooptati dai partiti e quindi “burattini” a servizio di chi li ha messi nelle liste, ma sono amministratori dell'ente locale al servizio dei cittadini elettori. L'uscente consiglio comunale di Gela non ha pesato neanche lontanamente sulla sfera decisionale del Sindaco e della sua squadretta assessoriale, non ne ha controllato a dovere le delibere, se non in rari casi e solo nelle intenzioni. Il consiglio ha fatto da agorà solo per creare polemiche, il più delle volte sterili e mai del tutto abbondonate o messe definitivamente da parte. Sul piano culturale sono prevalsi gli interessi di parte. Quali rappresentanti dei cittadini, non hanno badato in maniera consona ad ispezionare uffici e stabilimenti comunali. Basterebbe, poi, citare solo il question-time per rendere evidenza della ridicolaggine alla base del rapporto tra i controllori (o presunti tali) e governanti (o presunti tali). Ad un sindaco monocorde (legalità! legalità! legalità! E nient'altro che legalità!) ed una giunta di perfetti sconosciuti (a parte qualche eccezione), appiattita a fronte del volere del baluardo cittadino della legalità, è corrisposto un consiglio comunale anonimo ed insignificante sul piano del contraddittorio. L'inettitudine di questo consiglio e di chi lo anima, nel senso eufemistico del termine, è soprattutto nella sciocca presunzione che una volta rinconfermati nelle liste ufficiali dei rispettivi partiti, costoro saranno rieletti o avranno, comunque, buone possibilità di esserlo: ma nulla è di più sbagliato. L'ultima grande chance se la sono giocata con la pantomima del Prg: almeno ai tempi della bisatrattata prima repubblica, lo capivano che qualcosina alla fine del mandato, una sorta di segnale, all'elettorato andava dato. Invece, neanche quello. Ed allora, cari consiglieri, vi riporto una celebre frase di un nonno della satira latina: “qui rides? de te fabula narratur” (che ridi? è di te che questa favola narra"). Meglio ridere che piangere, potreste rispondermi. Sarà pure così, per ora e sicuramente per poco, giacché - state ben sicuri che, specie con la nuova soglia di sbarramento, sul finire di maggio sarà giusto una risata a seppellirne tanti di voi.

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