sabato 24 aprile 2010

Al gioco delle tre carte, vince chi fa il mazzo

Ed il mazzante dà le carte: sulla prima che depone al centro del tavolo è raffigurato un cane nero a 6 zampe sullo sfondo giallo. É il simbolo che madre Eni ha rubato al figliol prodigo Agip a cui nel frattempo ha cambiato i connotati e che dopo decenni di profitti sembra accorgersi tutto ad un tratto che la Raffineria di Gela è sempre più una palla al piede.. Fino a ieri, il management del gigante petrolifero diceva di non poter investire, perché necessitava di autorizzazioni ministeriali che non arrivavano, mentre lo stabilimento perdeva il passo ed alimentava di gran lunga la voce delle perdite dello stesso colosso industriale nell'anno 2009. Ed ecco alla destra un'altra carta in cui è raffigurata una stella bianca con bordo rosso a cinque punte, sugli assi di una ruota in acciaio e tra due rami di olivo e quercia legati da un nastro ancora rosso recante la scritta in bianco ed in carattere capitale. É l'emblema della Repubblica Italiana, a sigillare gli atti pubblici ufficiali, compresi quelli ministeriali come i decreti della Prestigiacomo che sbloccano un paio di autorizzazioni, togliendo altrettanti alibi all'Eni e, forse, consentendo una boccata d'ossigeno ad imprese pressocché al collasso per assenza di commesse. Alla sinistra, poi, spunta una terza carta in cui è raffigurato uno scudo alla francese con al centro la triscele color carnato e la testa della gorgone (medusa) circondata da spighe: sullo sfondo, colori rigoramente rosso aranciato e giallo. É lo stemma della Regione Sicilia. Regione a statuto autonomo – come qualche buon tempone ricorderà – ma che di autonomo e di autonomista non ha nulla, benché il suo governo continui a vantarsi del contrario. Quel governo fin troppo abile nel cambiar faccia per ben tre volte in meno di due anni, ma assolutamente incapace di dotarsi neanche di uno straccio di piano industriale dove magari farvi rientrare le somme da destinare al ripristino della diga foranea, né tantomeno di un piano di crisi a fronte delle emergenze di Gela, di Termini e via discorrendo,, limitandosi invece a convocare riunioni tanto urgenti quanto fantomatiche, dimenticandosi il più delle volte di assicurarsi la presenza dell'interlocutore più importante. E no, la vita non è tutto un quiz come, invece, vorrebbe far credere la sigla di una fortunatissima trasmissione di qualche anno fa. Nell'Italia di non si sa quale repubblica (per alcuni in forte minoranza siamo ancora alla 1ª, per altri molto più numerosi siamo già arrivati alla 3ª, ma non manca chi si è fermato alla 2ª o chi addirittura ne prefigura una 4ª, prossima a divenire), la vita è si un gioco a premi, ma non un qualsiasi quiz più o meno impegnativo. Il gioco, popolarissimo in quanto per necessità accessibile a tutti è – per chi non l'avesse ancora capito – quello delle tre carte. Attratto dalla posta in palio, mentre il mazzante, con una velocità disarmante, sfoggia tutta la sua vena dissimulatoria nel cambiar posto alle carte, c'è il cittadino remissivamente ignaro, oramai abituatosi a pensare ed agire come se non avesse più nulla da perdere, mentre di fatto continua colpevolmente a perdere, anche se stesso. Nella fattispecie, tra il ricatto occupazionale e la fruizione di un territorio devastato, ha l'atteggiamento di chi è solo di passaggio, spettatore poco interessato, per tramutarsi subito dopo da giocatore occasionale ad incallito, ad arte ringalluzzito da qualche puntata vincente, ma irrimediabilmente costretto all'ennesima, puntuale, sconfitta. Si dirà: si vince e si perde. Sciocchezze. Vince solo chi comanda il gioco: è la regola e l'eccezione è troppo rara per contare davvero. Tra lo spietato piazzista venditore di fumo ed il baro di professione, a chiudere il quadro è dunque il mazzante: figura tutt'altro che onorevole, ma che di questo titolo spesso si pregia, accanto altri affini. Ce ne sono tanti di mazzanti, diciamo pure troppi. Per loro darsi il cambio diventa compito agevole e, per questa via, vincono facile facile: sempre e comunque. Fermo restando che anche loro sono terrestri, fatevelo dire da un alieno.

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