mercoledì 23 giugno 2010

Teorema Gela

“Siate la valanga che sale!” disse il Generale di divisione Antonino Cascino ai suoi fanti della Brigata Avellino che conquistarono il Monte Santo piantando in vetta il tricolore. E lunedì 14 giugno un’altra bandiera è stata piantata sul suolo gelese, la bandiera del nuovo sindaco Angelo Fasulo. E a giudicare dalla forbice dei voti, attestatasi a circa il 9%, l’effetto valanga c’è proprio stato. Una valanga tre volte andata a segno e definitivamente approdata alla vetta. La vittoria, ma soprattutto questo tipo di vittoria, consente di definire alcuni corollari di un teorema che comincia a dipanarsi e che dà di Gela una nuova ed inaspettata chiave di lettura. Anticonvenzionale rispetto ai pessimismi dilaganti. Se dovessimo riassumere tale teorema potremmo dire, in una battuta, che la città si è dimostrata una molla compressa. La teoria secondo cui Gela è una città disordinata, disorganizzata e contrastante fa sì che di Gela non si riesca a vedere quella parte di energia potenziale, non espressa. Che, invece, in tali competizioni prende forma. Gela è una città che sa imprimere molta attenzione verso il nuovo, ne è intrinsecamente predisposta, anche quando il conosciuto si presenta con tutta la sua massa critica ed il suo carisma. Questa è una caratteristica tipica solo di città dotate di una forte energia inespressa che, nei momenti di elevata competizione, sa osare e cambiare, rischiando e scommettendo. Quindi una città giovane di indole, infatti tale intraprendenza è tipica della gioventù. Ma veniamo ai corollari di questo teorema. Il primo: se la città ha un’indole giovanile ed è pronta a scommettere significa che le tattiche politiche basate sulla competenza politica super collaudata non sono vincenti. Nel mercato del lavoro lo sono, non in politica. In politica il sapere tutto ed in anticipo non è un fattore vincente. Né nell’immaginario collettivo, né nella razionale analisi dei contesti. In politica ciò che conta è l’opportunità di crescere facendo esperienza e creando reti di relazioni, un politico è sempre in divenire e, se viene data l’opportunità di fare esperienza, nell’amministrazione di una città complessa come Gela, già questo è un vantaggio. L’esperienza ci dice come cambiano velocemente le abilità dei politici che sono immersi nell’amministrazione della cosa pubblica, pertanto puntare sulla competenza si è dimostrata una tattica penalizzante. Ciò non significa che tutti sono candidabili, significa solo che il filtro della selezione va applicato sui fattori predisponenti del candidato, come l’ascolto, la trasparenza, l’umiltà, la fermezza e la capacità di sintesi. Tutti metodi dell’agire a cui si aggiungeranno, nel tempo, le competenze specifiche. Il secondo corollario: se la super competenza è perdente in politica lo è anche perché tale approccio blinda l’accesso delle giovani risorse alla gestione della cosa pubblica. E non basta sbandierare sul palco giovani visi, perché la questione si gioca non con l’aureola di giovanilità esibita, ma nel coinvolgimento, nella fase di analisi dei temi, della gioventù più attenta e sensibile, quella che vuole scommettere sulle proprie capacità di stare dentro ruoli amministrativi, apprendendo ed evolvendosi in una coscienza del bene comune e delle regole collettive. Terzo corollario: se i giovani sono stati uno degli elementi vincenti di queste elezioni, si può affermare che le generazioni che seguono stanno richiedendo il loro ruolo nella politica, in forza di un ricambio che trova facile gioco verso una fascia di candidati che ha esibito troppo spesso una mobilità politica orizzontale troppo spregiudicata, troppo veloce e quindi troppo compromessa con il sospetto che un ideale di società sia l’ultima preoccupazione di costoro. Tutti fattori, questi, che hanno influito non poco sul voto di opinione che ha prevalso sul cosiddetto voto strutturato. Insomma, una vittoria che impegnerà Gela in una nuova sperimentazione di sensibilità e voglia di fare che certamente dovrà perfezionarsi nel tempo, ma questa è la politica: ricambio ed esperienza. Un consiglio va però dato al nostro nuovo sindaco che si appresta ad una vita pubblica piena di impegni. Non si faccia prendere, all’inizio, dal vortice del fare. La politica del fare è un’invenzione moderna di quei gruppi politici che in realtà mirano a mantenere per sé le analisi e la scelta degli obiettivi, delegando agli esecutori il fare. Sostanzialmente un’invenzione Berlusconiana ben riuscita. Scelga invece la “politica dell’agire” che presuppone una solida analisi dei temi e la scelta degli obiettivi raggiungibili a cui far seguire il “fare”. Tali fasi non vanno disgiunte perché altrimenti altri faranno analisi e porranno obiettivi lasciando al sindaco solo il “fare” che pertanto non è “agire”. Per far ciò dovrà dotarsi di una rete di contatti che renda l’analisi dei temi la più analitica possibile e dovrà mantenerla al suo servizio, solo così potrà perseguire una politica dell’agire che ha il pregio di essere autonoma e premiante. Non abbia pertanto fretta, si prepari, con metodo, ai cinque anni che lo attendono. E soprattutto un consiglio su tutti: non parli mai di “problemi” di Gela ma di “temi” di Gela, né di “preoccuparsi di” ma di “occuparsi di”, servirà almeno a cambiare la semantica che genera l’ansia da prestazione.

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